L’evento della volontà in una prospettiva comparativa. L’azione e l’agente nella Bhagavadgītā

di Luca Pinzolo
«atque», 21 n.s., 2017, pp. 173-201

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Il contributo prende le mosse da alcuni rapidi riferimenti ad autori, come Spinoza e Schopenhauer, che hanno tentato una sorta di genealogia della volontà e del libero arbitrio seguendone l’invito a decentrarli dal piano del soggetto individuale a quello metafisico-ontologico. Si cercherà, quindi, di riformulare il problema attraverso un détour nella Bhagavadgītā, in cui, almeno a una prima lettura, non si parla di volontà, anche se si discute continuamente di azione e di decisione. Utilizzando liberamente il concetto di F. Jullien di “scarto”, si cerca di mostrare che la Bhagavadgītā può fornirci degli strumenti per ripensare la questione della volontà proprio grazie a quelle stesse ragioni per cui quel concetto non è mai stato formulato.

 

Parole chiave: Libet, Spinoza, Schopenhauer, Śaṅkara, libero arbitrio, ontologia, natura, induismo, Bhagavadgītā, darśana

 

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20 n.s./2017
IL SUONO
DELLA VOCE

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a cura di

Fabrizio Desideri e Paolo Francesco Pieri

 

PREFAZIONEFabrizio Desideri e Paolo Francesco Pieri // IL TEMA / A due voci. Quasi un dialogo per nastro magnetico, Glasharmonika e rumore di fondoFabrizio Desideri // PRIMO MOVIMENTO / Tra mutoli e scilinguati: una rapsodiaSilvano Facioni / Dalla grana della voce alla grana della scrittura. Alcune riflessioni sulla parola detta e scrittaGiorgio Patrizi / Flatus Vocis. Voce e scrittura tra Jacques Derrida e Giorgio AgambenFrancesco Vitale / La voce tra sonorità e respirazione in Emmanuel Lévinas. Abbozzo di una metafisica dell’atmosferaLuca Pinzolo // SECONDO MOVIMENTO / Incunaboli esteticiEllen Dissanayake e Mariagrazia Portera / Quando un corpo incontra il linguaggio. Modulazioni vocali nella talking cureMaria Ilena Marozza / Gesti vocali. Conflitti tra mimesi e sensoCarlo Serra / La voce delle paroleMauro La Forgia // RIPRESA DEL TEMA / Il coraggio (e il bisogno) di regredire. Dalla semantica alla fonetica, dal significato al puro e semplice suono delle paroleSilvano Tagliagambe / Robert Walser. L’invenzione del silenzioAntonino Trizzino // INDICE PER AUTORE DEGLI ARTICOLI DI “ATQUE” 1990-2017

 

 
 

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Nell’intersezione tra filosofia e psicoterapia, tra estetica e psicologia, questo fascicolo di «atque» intende focalizzare l’attenzione sulla voce. E riflettendo su questa fondamentale esperienza umana, si sofferma sul fenomeno del suono delle parole declinandole nella loro fisicità e materialità elementari.

Lasciando sullo sfondo la sfera verbale, il fascicolo mira a porre in primo piano il comunicarsi plurale delle voci, la vocalità dei parlanti, la pura sonorità che apre concretamente qualcuno a qualcun’altro. Non più nascosta dalla parola, la voce viene in tal modo a mostrare il suo volto fonico, comparendo come un oggetto sonoro che apre alla percezione di un interno e un esterno e all’instaurarsi di plurali relazioni.

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A due voci. Quasi un dialogo per nastro magnetico, Glasharmonika e rumore di fondo

di Fabrizio Desideri
«atque», 20 n.s., 2017, pp. 17-30

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Un tentativo di intrecciare un dialogo filosofico tra due entità immaginarie: vox reflexa e vox áltera sono i loro nomi. Il dialogo immaginario riguarda la voce come alterità originale. Tanti i riferimenti, tra cui: Hegel, Platone, Aristotele, Agostino, Daniello Bartoli, Derrida e molti altri ancora.

 

Parole chiave: voce, lingua, suono, animale, alterità, coscienza, Sé.

 

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Tra mutoli e scilinguati:
una rapsodia

di Silvano Facioni
«atque», 20 n.s., 2017, pp. 33-52

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Quando cerchiamo di indagare il significato della “voce” dobbiamo considerare come essa sia stata studiata lungo la tradizione filosofica occidentale. In questo articolo cerchiamo di lanciare una sonda in alcune teorie rilevanti (Aristotele, Hegel, S. Agostino) e in alcune opere letterarie (Kafka, Artaud) per dimostrare che se la voce e la parola sono considerate principalmente come una singola questione, la voce sembra sfuggire a questa dicotomia.

 

Parole chiave: voce, scrittura, morte, silenzio, lingua, suono, significato, animale, ritmo, glossolalia.

 

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Dalla grana della voce
alla grana della scrittura.
Alcune riflessioni sulla parola
detta e scritta

di Giorgio Patrizi
«atque», 20 n.s., 2017, pp. 53-61

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A partire dal percorso teorico e critico di Roland Barthes, tra gli anni ’70 e ’80, si definisce un processo che, attraversando la critica del post strutturalismo, rifiuta le tradizionali modalità della scrittura per sostituirvi quelle che ne testimoniano le radici materiali, corporee. Ricordando le riflessioni di Zumthor sulla tradizione della vocalità, il complesso quadro antropologico tracciato da Bologna sulla centralità dell’esperienza della voce, e quello dell’affabulazione propria della cultura militante femminista, sulle teorizzazioni di Adriana Cavarero, si approda al riconoscimento dei valori antiautoritari della voce, nella contrapposizione dialettica tra Pensiero unico e Pensiero del molteplice. Da Barthes a Ong, da Zumthor a Bologna, da Benjamin a Cavarero, la voce si confronta con l’universo dei corpi e delle parole, dette e scritte.

 

Parole chiave: voce, scrittura, corpo, critica, tradizione.

 

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Flatus Vocis. Voce e scrittura
tra Jacques Derrida e Giorgio Agamben

di Francesco Vitale
«atque», 20 n.s., 2017, pp. 63-80

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L’articolo intende rendere conto della decostruzione derridiana dell’opposizione tradizionale tra voce e scrittura attraverso la critica della vulgata secondo la quale la decostruzione consisterebbe in una presa di partito per la scrittura contro la voce. La lettura critica del saggio “Experimentum vocis” di Giorgio Agamben, esempio recente di questa vulgata, permette di individuare l’autentica posta in gioco nella strategia adottata da Derrida: rilevare ciò che l’opposizione tradizionale tra voce e scrittura occulta nel determinare la voce quale elemento privilegiato, immediato e vivo, del logos; vale a dire la possibilità di descrivere le condizioni di possibilità della costituzione del senso nei termini che la tradizione attribuisce alla scrittura e quindi la possibilità di formalizzare tale condizioni attraverso la nozione di “arche-scrittura”.

 

Parole chiave: voce, scrittura, archi-scrittura, decostruzione, metafisica.

 

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La voce tra sonorità e respirazione
in Emmanuel Lévinas.
Abbozzo di una metafisica dell’atmosfera

di Luca Pinzolo
«atque», 20 n.s., 2017, pp. 81-105

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Nelle conferenze giovanili tenute al Collège Philosophique e in alcune pagine di Altrimenti che essere, Lévinas propone l’immagine di una phoné articolata in una pluralità di voci in cui l’essere stesso emerge come “scisso in Medesimo e Altro”, per ricondurla, poi alla ritmica del respiro, intesa come dinamica di individuazione in cui il soggetto, già sempre installato nel proprio essere, lo assume su di sé e in sé come essere dell’Altro e del Medesimo. L’aria, elemento materiale dell’animazione del vivente, diventa sostanza dell’essere di ciascuno come essere in relazione.

 

Parole chiave: etica, fenomenologia, decostruzione, Lévinas, Derrida, linguaggio, ontologia, responsabilità, naturalismo presocratico, psicoterapia della Gestalt.

 

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Incunaboli estetici

di Ellen Dissanayake e Mariagrazia Portera
«atque», 20 n.s., 2017, pp. 109-124

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Riflettendo sulla voce, non si può non porre attenzione alle interazioni precoci tra il bambino e chi se ne prende cura. È in tali scambi che è possibile percepire nitidamente come vengano a darsi comportamenti multimodali (vocalizzazioni, espressioni facciali e movimenti del corpo in forma esagerata). E cogliere come questi accadano in modo ripetuto e con modalità pienamente formalizzate. A partire da tali fenomeni, cui colloquialmente è stato assegnato il nome di baby talk, è d’altra parte possibile rintracciare come il comportamento estetico-artistico adulto venga a darsi in modo spontaneo e inintenzionale. È in questo senso, che il baby talk può essere assunto come la “culla” dove prendono forma gli “incunaboli estetici”: vale a dire quei dispositivi di base (ripetizione, stilizzazione, elaborazione, esagerazione, manipolazione dell’aspettativa) che utilizzati dai bambini e da chi se ne prende cura per modulare il reciproco coinvolgimento emozionale, vengono ripresi e “rifunzionalizzati” dagli artisti per coinvolgere e attrarre l’attenzione del pubblico. Partendo dalla teoria darwiniana dell’evoluzione per selezione naturale e traendo supporto empirico e sperimentale da una molteplicità di discipline differenti (dall’etologia alla neurobiologia, dalla psicologia dello sviluppo alla paleoantropologia), è da ritenere che il baby talk si sia evoluto più di un milione di anni fa, per incrementare sia le chances di sopravvivenza dei piccoli di Homo che il successo riproduttivo delle loro madri. Ed è altresì da ritenere che le arti – rifunzionalizzando gli incunaboli estetici già presenti e operanti nel baby talk – compaiano nei rituali per la prima volta al modo in cui le sperimentiamo e concepiamo ancora oggi: un making special, o artification, intenzionale e deliberato, che “exatta”, co-opta, l’“artificare” spontaneo dei bambini.

 

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Quando un corpo incontra
il linguaggio. Modulazioni vocali
nella talking cure

di Maria Ilena Marozza
«atque», 20 n.s., 2017, pp. 125-141

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La voce è una dimensione di straordinario interesse quando l’attenzione nella talking cure si allontana dalla mera comprensione dei significati del discorso dell’analizzando, concentrandosi piuttosto sulla globalità dell’atto linguistico, nella sua valenza di azione corporea. Nella vocalità convergono molteplici funzioni. Nel saggio viene descritto in primo luogo il valore di appello intersoggettivo intrinseco alla natura stessa della voce. In secondo luogo ci si chiede in che senso la voce possa essere intesa come il segno di una singolarità individuale. In terzo luogo, ci si sofferma su che tipo di presenza singolare venga a essere espressa tramite la vocalità, e come sia proprio questa singolarità l’elemento più interessante nella talking cure.

 

Parole chiave: Talking cure, voce, corpo, linguaggio.

 

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Gesti vocali.
Conflitti tra mimesi e senso

di Carlo Serra
«atque», 20 n.s., 2017, pp. 143-157

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Il saggio percorre la vicenda interpretativa del concetto di voce, sospesa tra la nozione di altezza e quella di imitazione. Lo statuto della voce, difficilmente arginabile all’interno della nozione di segno, viene interpretato rispetto alle componenti sonore, gestuali, materiche della dimensione vocale, con particolare riferimento alla dimensione dell’urlo. Per questo motivo, abbiamo tentato una rapida ricostruzione del concetto di vocalità in Lacan, dalle forme appellanti alla definizione progressiva dell’oggetto piccolo a. Giovandoci della interpretazione di Dolar, abbiamo portato in questione la stessa nozione di significante, che, in questo contesto, è un’espressione approssimata per definire il conflitto fra senso, connesso alla dimensioni sensibili della matericità vocale, e significato, che non può essere più inteso secondo una prospettiva referenziale, ma andrebbe riletto come sostrato permanente delle forme di modalizzazione, secondo la direzione husserliana che si articola dalle Ricerche Logiche fino alla Sintesi Passiva. Abbiamo quindi chiuso la nostra breve rassegna, proponendo il modello deittico dell’urlo, ripensato secondo queste modalità descrittive.

 

Parole chiave: voce, senso, mimesi, urlo.

 

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