Pensare le regole(intervista a cura di Baldassarre Caporali)

di Hans Georg Gadamer
«atque», 5, 1992, pp. 169-178

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D. -Lei ha fatto apparire l’ermeneutica sullo sfondo di un lega me indissolubile fra l’uomo e le attività che è spinto a svolgere con gli altri, la sua propria prassi. Possiamo quindi dire che l’interpreta zione riceve il suo stimolo dalle strozzature della nostra condizione privata e sociale al fine di acquisire possibilità e libertà?

R. – Se lei mi domanda perché l’ermeneutica sia a mio parere un’adeguata base (una posizione di fondo) filosofica che può dire veramente qualcosa ai problemi della nostra società e della nostra vita privata, allora asserirei che il motivo risieda nella crescente regolazione della nostra vita tramite l’uso tecnologico della scienza.

È la prima volta nella storia dell’Europa che la grande creazione della scienza moderna e della sua tecnica si scontra con i suoi propri limiti.

Per la prima volta ci si domanda se si possa vedere nel progresso della scienza e della civilizzazione un guadagno insospettabile (inarrestabile). Questa, mi sembra la ragione principale per cui noi tutti posiamo un nuovo sguardo su un problema che ci accompagna da tempo. Appunto, la domanda del come sia possibile, nella nostra cultura di matrice europea confrontarsi -nel momento in cui non è caduto soltanto un muro, ma in cui si è aperto un intero nuovo continente -con culture antichissime (nelle quali, conquiste elevate ci testimoniano quanto alto era il loro rango) che non hanno accettato questa scienza o perlomeno l’hanno accettata in una funzione meramente subordinata. Questa è la domanda di fondo; sulla base di questa anche la filosofia, a mio parere, deve indirizzarsi verso la comprensione dell’altro.

Ed ermeneutica è -se lo posso dire con una parola -l’arte di convincersi del fatto che, forse, l’altro possa avere ragione.

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