Assumendo l’e che congiunge percezione e conoscenza come atque -con tutta la ricchezza semantica che le pertiene -mi pare opportuno partire dalle cosiddette illusioni ottico-geometriche, che «riem piono pagine e pagine dei manuali di psicologia». Tenterò di rendere conto di un percorso che ha inizio con Guillaume, si chiude (nel senso di un ritorno all’inizio) con Bozzi ed è intervallato da una variega ta molteplicità, in cui acquistano un rilievo particolare, per i miei interessi presenti e passati, Arnheim e Piaget.
Il Manuale di Psicologia di Paul Guillaume, libro di testo all’università, è il riferimento iniziale. Certo, mi era già nota la massima del buon senso comune sull’apparenza che inganna, e al liceo avevo studiato la sfiducia nei sensi di parte della filosofia, ma le illusioni percettive le ho incontrate all’università.
Per Metelli «sono segnali preziosi che ci costringono o ci aiutano a riconoscere un problema là dove non sembrava esserci alcun problema e tutto appariva ovvio. Inquesto senso le illusioni percettive hanno ri vestito un ruolo importante nella nascita della moderna Psicologia della Percezione» .