Questo fascicolo di «Atque» ci immette in un dibattito della psicoterapia e insieme della filosofia, dove, confrontandosi vari modi del conoscere, e non solo del conoscere, si riflette sul tema dell’esperienza dello straordinario nella vita quotidiana.
Dichiaro subito che qui mi intratterrò brevemente a evidenziare ciò che accompagna costantemente questo tema, e che, pur stando silenziosamente nello sfondo, permette di abbozzare un insieme di problematiche intorno a quello che è lo specifico umano che emerge nella vita ordinaria, e quindi in torno a qual è il possibil e senso dell’identità umana nell’incontro ordinario (straordinario) – con gli altri e con le cose.
Nel!’esigenza di venire, in qualche modo, a capo della costituzione dell’i dentità umana, già Jung accennò, d’altronde, al tema di un adattamento “creativo” all’esterno e all’interno, per cui parlò di un processo di individua ione come l’effetto di costanti scambi (differenziazione e integrazione tra uomo e mondo, e tra fattori individuali e collettivi) che si svolgono nella mente simbolica – e insieme ne danno luogo.
Su questa questione cosi’ difficile, posso soltanto avviare il discorso. Cerco quindi difarlo sotto forma di brevi domande, che possono invitarci a pensare.
Uomo e mondo sono due entità assolutamente distinte e non comunicanti tra loro? Oppure sono il prodotto di una relazione, di un effettivo scambio, tra mente e ambiente, per cui mente e mondo – mostrando di coappartenersi ed evidenziandosi come inequivocabilmente intrecciati –finiscono con il loro costituire un sistema?
Se, anche solo in qualche modo, fosse così: sarebbe sostenibile che l’uomo e il mondo sono, noi stessi e gli altri siamo, dispiegati da contesti fenomeno logici pregni – ogni volta – di implicazioni espressive, ma anche cognitive, e insieme emotive?