Radici antiche della paura

di Nicoletta Salomon
«atque», 23-24, 2001, pp. 43-58

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a Giulio Ciampi

per i suoi 80 anni

 

Le parole della paura cercano una classificazione rassicurante. Si vuole distinguere lo spavento come ptoesis, paura che accade, accidentale, momentanea, phobos effimero e fugace, che percuote davanti a un pericolo, prima del combattimento, durante un terremoto o un’eclissi; dalla paura che dura, hyponoia tou kakou, sospetto, congettura del male, deos.

Ma le acque della riflessione si intorbidano subito, le tassonomie etimologiche si manifestano asimmetriche rispetto alla vertigine emotiva della paura, violente e ottuse nel dissezionarla. Un solo esempio: da phobos nasce fobia, tutt’altro che paura effimera, anzi fissazione pervicace di paura. E nella fobia la “fuga” connessa a phobos per rivelatrice assonanza, da occasionale, si ripete identica, compulsiva, ritmata, ossessiva.

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