Ragione critica, razionalità scientifica, relativismo

di Luigi Lentini
«atque», 8, 1993, pp. 181-200

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1.   La scienza come doxa

L’epistemologia contemporanea è post-epistemica. Se si prescinde infatti dal “primo” neopositivismo -il quale, rifacendosi al Tractatus di Wittgenstein , ritiene ancora che il sapere scientifico è costituito da sistemi di proposizioni indubitabili e definitive, che «ogni scienza, intendendosi con questo termine il sapere scientifico, e non gli accorgimenti umani che si richiedono per attingerlo, è un sistema di conoscenze, cioè di proposizioni empiriche vere» (Schlick) , e che «il fine della scienza consiste nel trovare e nell’ordinare gli asserti veri intorno agli oggetti della conoscenza» (Carnap) – si può certa mente dire che la teoria contemporanea della scienza afferma il carattere ipotetico delle proposizioni scientifiche, siano esse le più astratte e generali leggi esplicative, che i più elementari asserti osservativi. Dal “secondo” neopositivismo al razionalismo critico, fino alle varie for me di epistemologia post-positivistica, la teoria della scienza è essenzialmente la teoria secondo cui la conoscenza scientifica è conoscenza congetturale: doxa, non episteme. Chi ha espresso nel modo più efficace questa concezione, contribuendovi al contempo nel modo più rilevante, è certamente Popper. «Credo -egli scrive -che dovremo abituarci all’idea che non si deve guardare alla scienza come a un “corpo di conoscenza”, ma piuttosto come a un sistema di ipotesi: cioè a dire come a un sistema di tentativi di indovinare, o di anticipazioni, che non possono essere giustificati in linea di principio, ma con i quali lavoriamo fintanto che superano i controlli, e dei quali non abbiamo mai il diritto di dire che sappiamo che sono “veri”, o “più o meno certi”, o anche “probabili”».

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