Riflessioni su L’altro maestro

di Gerardo Botta
«atque», 6-7 n.s., 2009, pp. 223-234

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Non posso resistere a una considerazione generale, anche se breve, sull’evento-incontro che ci riunisce oggi: è una di quelle occasioni che, nella sua novità, si costituisce come un piccolo ma significativo segno dei tempi: l’indizio di qualcosa che cambia e si fa avanti in una scuola analitica che mostra un vero interesse per quanto hanno da dire gli allievi che in essa si formano.

La sensibilità coraggiosa, che attraverso questa occasione la scuola manifesta, è forse l’indice di una capacità di tollerare la propria messa in discussione senza considerarla una minaccia, né teme, così facendo, una perdita di autorevolezza, aggrappandosi a una vuota autoreferenzialità.

Pertanto, ringrazio il Centro italiano di psicologia analitica (CIPA) per aver dato a noi allievi, attraverso l’ufficialità dell’evento, questa opportunità: un modo per sentirci sicuramente più vicini a chi ci forma e più partecipi nei diversi ambiti del nostro percorso. 

 

  1. Un allievo analista. Illusioni e disillusioni 

La lettura del libro L’altro maestro che ha stimolato e accompagnato le considerazioni che proporrò è stata tutt’altro che agevole; si tratta, infatti, di un libro coraggioso, difficile per certi versi, a volte indigesto, in cui non si riscontra alcuna intenzione da parte degli Autori degli articoli di smussare gli angoli, né viene mai raccontato un lieto fine. Al contrario, esso lascia sospesi e con una sensazione in bocca dove l’amaro sopravanza il dolce.

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