Riflessioni sul simbolo in, e oltre, Freud

di Francesco Saverio Trincia
«atque», 1 n.s., 2006, pp. 61-86

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Intendo indagare quali siano il significato formale e la funzione del simbolo nella teoria freudiana del sogno. Lo farò nella forma più piana e più ‘ingenua’ possibile, seguendo il duplice criterio di circo scrivere l’esame ad alcune pagine (assumibili, con qualche prudenza, come esemplari nel senso di paradigmatiche) della Interpretazione dei sogni e dunque escludendo programmaticamente il grande numero di luoghi nei quali Freud parla di simboli e ne utilizza il concetto, e, d’altra parte, decidendo di concentrare l’attenzione sull’essenza ideale del simbolo, allo scopo di sottoporre a tensione critica quellà che si mostra con evidenza la sua funzione costitutiva. Questa sembra consistere nel rinvio a quell’altro da sé, cui esso ‘allude’ in virtù della sua strutturale dinamicità intenzionale ed erotica (nel senso husserliano e platonico dei due termini, chiamati a indicare una carenza e incompiutezza semantiche che cercano il loro “riempi mento”). Il secondo riferimento ai testi è costituito da alcune pagine di Simboli della trasformazione di Carl Gustav Jung, nelle quali mi pare si possa trovare conferma dell’ipotesi fondamentale del mio la voro, ossia della tesi della ‘autonomia relativa’ del simbolo di cui è intessuto il linguaggio rappresentativo dell’inconscio.

Seguendo il filo rosso della domanda circa il ‘che cosa’ della rappresentazione offerta dal simbolo e nel simbolo, e della ulteriore domanda, che specifica il senso della prima, che chiede a che cosa rin via di altro da sé quella espressione semantica intrinsecamente ‘carente’ e desiderante che è appunto il simbolo, mi pare si possa delineare una prospettiva di ‘terza via’ ermeneutica.

 

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