Tempo, memoria, empatia

di Amedeo Ruberto
«atque», 25-26, 2002, pp. 219-230

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1. Devo innanzitutto scusarmi per la grandiosità del titolo: è uno di quegli slanci entusiastici di cui poi rapidamente ci si pente, ma -sempre – dopo che la frittata è fatta. Si tratta di argomenti sui quali si di batte con ben maggiore competenza e autorevolezza da secoli e non si possono contenere in una breve comunicazione. E, a ben vedere, non sarei capace di sostenerne il peso neanche se avessi a disposizio­ne non venti minuti, ma venti ore o venti giorni… Ed è solo molto lievemente consolatorio pensare che tutto sommato, rimanendo in venti minuti che corrispondono grosso modo a cinque cartelle da leggere non troppo in fretta, potrei cavarmela con una pagina virgola sei periodico.Però, a forza di scusarmi, mi rendo conto che sono in qualche modo già entrato nell’argomento più scottante: il tempo. Non solo, si sono spontaneamente abbozzate anche alcune “durate”, i secoli e i venti minuti, e addirittura un tentativo di misurazione nel rapportotra minuti e numero cartelle da dedicare equamente: 1,6 cartelle corrispondono a 6,6 minuti per argomento. Rimarrebbe da coordinare la velocità di lettura (altro argomento che ha a che fare col tempo) sullo standard previsto. D’altronde so già di essere destinato al fallimento, per via dell’età che rende sempre più precarie queste prestazioni, ma anche perché, a questo punto, l’ossessività che ha sostenuto queste osservazioni comincia a cedere, e qualcosa, forse, di più sano si ribella all’idea di allenarmi a fare in modo di sottoporre il ritmo di lettura spontaneo a quello più convenzionalmente stabilito.

 

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