Thymós

di Giorgio Concato
«atque», 2, 1990, pp. 107-124

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1. Il linguaggio dei ‘segnali’ emotivi 

Nella costituzione essenzialmente dualistica dell”apparato psichico’ stabilita da Freud, in cui «l’Io rappresenta ciò che può dirsi ragione, ponderatezza, in opposizione all’Es che è la sede delle passioni» , emozioni e affetti hanno un’esistenza episodica ed evanescente. La disattenzione o l’incertezza di Freud riguardo alle emozioni, nonostante la loro importanza decisiva per la traslazione, è evidente sia nella teoria generale della psicoanalisi che nella teoria della tecnica. La realtà effimera delle emozioni è come un frammento scisso e fluttuante all’interno della teoria generale, un’incognita, un’inquietudine all’interno della teoria della tecnica.

La descrizione degli affetti in senso dinamico è solo un alone attorno alla riflessione sull’angoscia, che è uno dei pochi affetti su cui Freud si sofferma a lungo per le sue evidenti implicazioni psicopatologiche. «E che cos’é in senso dinamico un affetto? In ogni caso qualcosa di molto com posito. Un affetto comprende in primo luogo certe innervazioni o scariche motorie, e in secondo luogo certe sensazioni; queste ultime sono di natura duplice: le percezioni delle azioni motorie che si sono verificate e le sensazioni dirette di piacere e dispiacere, che danno all’affetto, come si dice, la nota fondamentale. Non credo però che con questa enumera zione si sia colta l’essenza dell’affetto. Nel caso di alcuni affetti credia mo di vedere più in profondità e di riconoscere che il nucleo che tiene unito l’insieme sovradescritto sia la ripetizione di una determinata esperienza significativa. Questa esperienza potrebbe essere solo un’impressione assai primordiale, di natura generalissima, da situarsi nella storia non dell’individuo, bensì della specie. Per farmi comprendere meglio, lo stato affettivo sarebbe costruito allo stesso modo di un attacco isterico […]».

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