Un tocco di ri-guardo

di Felice Ciro Papparo
«atque», 18 n.s., 2016, pp. 157-180

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Il testo parte dalla caratteristica più distintiva e allo stesso tempo più ingombrante che attiene alla problematicità del rapporto tra l’“Io” nel suo “viluppo mortale” e il “mondo delle cose”: vale a dire a quella problematicità che, per riprendere un’espressione bergsoniana-jankélévitchiana, trova la sua espressione nel modo in cui il linguaggio, «organo-ostacolo», rappresenta quel rapporto. E con l’ausilio di alcuni autori (Nietzsche, Valéry, Montaigne, Shakespeare, Bataille), il testo si interroga sul senso da attribuire all’“opacità dell’oggettuale”. Assumendo questo senso come inevitabile espressione e “proiezione difensiva” dell’umano, troppo umano quando si volge alla “comprensione” del mondo di là da sé, il tentativo di lettura che viene qui proposto è che c’è un’esperienza umana, quella della nudità (esperita, nella sua complessità, soprattutto nell’ambito erotico), che, se ben compresa e vissuta, permette di stabilire con la cosiddetta “opacità dell’oggettuale” (pensata sempre come qualcosa che non riguarda il “mondo” del soggetto) non solo un diverso rapporto (giacché l’opacità il soggetto umano la vive e l’avverte innanzitutto nella costituzione e nella dinamica del suo desiderio verso il “proprio oggetto d’amore”) ma anche un tutt’altro significato di essa: come ciò che accompagna, costeggia, impregna alla radice il “soggettivo mondo proprio”. Avendo verso l’opacità un diverso modo di com-prensione, al soggetto loquente, che definisce in senso solo negativo-negante il mondo opacizzante delle cose e come distante da sé, si presenterà la possibilità di stabilire con le cose-là finalmente un tocco di riguardo – che ha sempre avuto solo “per il proprio Sé”. Gli si presenterà la possibilità, nel mentre “accoglie” attraverso il proprio modo specifico di coglierle le cose-là: con il linguaggio, di liberarsi dal “peso” di dover, con i nomi, dominare il mondo, e vivendo la dimensione del “nominare” non più in termini “costrittivi” ma “creativi”, di “farsi accogliere-da le cose-là”, facendo convivere, in maniera amicale, la natura rerum e l’humana natura.

 

Parole chiave: cosa, oggetto, linguaggio, mondo, “nudità”

 

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