Verità ed efficacia in una prospettiva junghiana

di Marco Innamorati e Mario Trevi
«atque», 18-19, 1998, pp. 129-138

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Interrogarsi sul significato dei termini ‘verità’ ed ‘efficacia’, dal punto di vista dello psicologo, equivale innanzi tutto a porre in questione un assunto assai spesso surrettiziamente sottinteso dai professionisti della terapia analitica: l’assunto di una stretta correlazione o addirittura di una completa corrispondenza tra tali termini.

Si presuppone cioè che la verità sia di per sé efficace e che all’inverso l’efficacia sia prova di verità. Calando i freddi princìpi nella concretezza della psicoterapia, ciò equivale a dìre che si è portati a ritenere che una tecnica terapeutica rettamente fondata porti all’ottenimento di risultati positivi sul piano clinico e che l’ottenimento di tali risultati possa rinforzare l’opinione del terapeuta di aver utilizzato tecniche fondate su retti princìpi teorici. Più specifica mente, un simile atteggiamento può condurre alla convinzione che un’interpretazione aderente alla realtà storica dei fatti (cioè vera) debba condurre a un progresso nel percorso psicoterapeutico (cioè sia efficace).

Può darsi che qualcuno, propenso a concedere, in linea generale, la veridicità delle affermazioni più astratte, tra quelle appena delineate, rimanga nondi­ meno più cauto nell’accogliere gli asserti più vicini alla pratica.

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