Violenza e menzogna dell’autocoscienza

di Vincenzo Vitiello
«atque», 11, 1995, pp. 25-44

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Chi dice “cogito ergo sum”? Chi può dirlo? È possibile deciderlo solo se si determina prima che cosa significa “cogito”.

Ricorriamo al classico esempio cartesiano: sono accanto al camino, la legna arde, sento il calore del fuoco. Svegliandomi mi accorgo d’aver sognato: sono a letto, e il calore, che le coperte impediscono si disperda, è del mio corpo e non vien’e da fuori. Pertanto, se cogitare è questo “accorgersi”, se cogitare è distinguere la veglia dal sonno e dal sogno, allora cogitare non è sentire. Per dire “cogito”, debbo esse­re capace di riflessione. Cogitare è piegarsi sul proprio sentire, distinguendo ciò che è da ciò che non è, ma sembra soltanto.

Ma proprio per distinguere “ciò che è” da “ciò che non è” non posso non attribuire l”‘essere” anche a “ciò che sembra essere”. È anche la sensazione di riscaldarmi al fuoco del camino, mentre sono invece al caldo nel letto. Cogitare è ora distinguere!'”essere che è” dall”‘essere di ciò che sembra essere”. Dall'”essere di ciò che sembra essere” e non solo da “ciò che sembra essere”. Ne discende che per distinguere “ciò che è” da “ciò che non è”, debbo distinguere l”‘essere” dal “sembrar essere”, e l”‘essere del sembrare” dal “sembrar essere”.

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